Il lavoro da remoto, noto anche come Smart working, termine già noto in ambiti ristretti ma che è stato visto come una vera necessità, soprattutto in contesti restrittivi come la pandemia. A distanza di anni dal Covid-19, il lavoro da remoto è più “accettato” e le norme non sono state del tutto eliminate.
In realtà, smart working non significa solo lavoro da remoto, ma è un concetto applicato liberamente a questo contesto, che porta il lavoro ad essere svolto lontano dall’ufficio. Grazie a computer, smartphone e altro, molti lavori possono essere svolti da casa.
Con il 2025, diverse cose sono cambiate rispetto allo scorso anno, come vedremo nei capitoli seguenti, e questa tendenza sta cambiando il concetto di lavoro in vari settori, come vedremo tra poco. Quali sono le norme aggiornate per il lavoro da remoto?
Cos’è il lavoro da remoto?
Molti associano il lavoro da remoto ad una forma facilitata di lavoro, perché riduce o elimina la necessità di spostamenti, ad esempio riducendo il pendolarismo. Tuttavia, il termine, in italiano come lavoro da remoto, è stato diffuso attraverso varie leggi regolarizzate già prima della pandemia.
Già dal 2017 è stata concessa la possibilità di lavorare da remoto per diverse categorie di persone come i caregivers, ma anche per i lavori d’ufficio per i genitori di bambini fino a 14 anni oppure i lavoratori fragili. La norma è stata poi estesa anche ai dipendenti della Pubblica Amministrazione con un successivo disegno di legge.
Ancora oggi tutte le attività, anche private, attraverso accordi specifici tra le parti, possono concedere senza reali limitazioni il lavoro agile, ma esistono alcune forme di obbligatorietà stringenti che sono state mantenute dal 2022, quindi durante il periodo pandemico, che riguardano i lavoratori privati che possono fisicamente fare ricorso al lavoro a distanza.
Necessità per il 2025
Oggi come alcuni anni fa è obbligatoria l’iscrizione presso un servizio di identità digitale come lo SPID, che serve per comunicare gli accordi relativi al lavoro “agile”, quindi da remoto, attraverso il portale dei Servizi Lavoro, sempre secondo la regolamentazione del 2022, resa più stringente per il 2025 con nuovi accordi effettivi.
Non è necessario inviare l’accordo individuale dello smart working attraverso la comunicazione telematica. Viene introdotta in modo più stringente la necessità, entro 5 giorni, per il datore di lavoro di segnalare, sempre via telematica attraverso il portale dei Servizi Lavoro, l’acquisizione della ricezione della richiesta dello smart working, seguendo le modalità precedentemente evidenziate.
Anche in caso di modifiche strutturali e nuove regole sul lavoro, il datore di lavoro è obbligato a renderle presenti ed ufficiali attraverso la medesima via telematica entro 5 giorni; allo stesso modo, il tutto è legato a tempistiche non più lunghe di 5 giorni anche in caso di cessazione di questa tipologia di lavoro.
La diffusione del lavoro agile
La pandemia ha solo acuito un desiderio, anzi una vera necessità da parte di molti lavoratori, anche per ragioni pratiche oltre che economiche, di lavorare in remoto. Tuttavia, come evidenziato, per molti è stata “necessaria” una situazione emergenziale come quella pandemica per forzare la diffusione dello smart working.
Come evidenziato, norme leggermente più stringenti hanno permesso una maggiore regolamentazione, anche se non esiste un obbligo che porti direttamente i datori di lavoro a sviluppare il lavoro agile, che è sempre una sorta di richiesta consensuale tra le due parti, contesto che ha anche una forma di valenza culturale importante.
Le regolamentazioni del lavoro a distanza non riguardano ovviamente chi è in possesso di partita IVA, quindi gli autonomi e gli indipendenti, categorie di lavoratori che, non solo in Italia, hanno per forza di cose una dimestichezza diversa in merito all’auto determinazione professionale, anche per il prossimo futuro.
Smart working in aumento
Globalmente, l’Italia non è una nazione che fa così tanto ricorso al lavoro da remoto, anche se oggi oltre il 70% dei lavoratori che hanno provato lo smart working, in particolar modo durante la pandemia, ha ammesso che non “tornerebbe” indietro in alcun modo, avendo la possibilità di scelta.
In questo senso, la direzione è oramai tracciata ed anche in futuro sempre più categorie, in merito anche a diverse situazioni professionali che possono essere svolte in remoto, potranno adeguarsi a questa forma di lavoro a distanza, che contempla sempre di più l’utilizzo della tecnologia digitale intesa come diffusa.